Illegittimità costituzionale delle limitazioni al diritto dello straniero all'art 13 L. 118/71
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giovedì 03 giugno 2010

L'assegno di invalidità previsto dall'art. 13 L. 118/71 (secondo cui agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’art. 12) costituisce una erogazione destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di “sostentamento”, atto ad assicurarne la sopravvivenza; un istituto, dunque, che si iscrive nei limiti e per le finalità essenziali che la Corte Costituzionale – anche alla luce degli enunciati della Corte di Strasburgo – ha additato come parametro di ineludibile uguaglianza di trattamento tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato.

Pertanto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 187/10 depositata lo scorso 28.5.2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili).