Sanità. Medici assolti, famiglia vittima: è stata giustizia? |
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lunedì 19 luglio 2010 | |
(da virgilio notizie. postato da APCOM) "Se l'evento doveva comunque succedere, se la morte era comunque inevitabile, avremmo accettato il fatto. Ma pareva chiaro (all'epoca) che si avevano a disposizione elementi idonei per giungere alle richieste di condanna. Noi familiari, pertanto, ci siamo convinti che c'era stato un errore e questo errore era da attribuirsi (con motivazione logica) a due medici in particolare. Convinzione raggiunta all'esito di indagini e valutazioni poste in essere da persone che trattano, con esperienza pluriennale e competenza specialistica, questa delicata materia". Giorgio Storti è morto il 21 agosto del 2004. La scorsa settimana un giudice monocratico del tribunale di Roma ha assolto i medici del Policlinico Umberto I che erano sotto processo in relazione al suo decesso. Il figlio, Maurizio, spiega: "Quel giorno papà fu portato, a distanza di una settimana dal primo ricovero, nello stesso ospedale. La diagnosi confermava quella di sette giorni prima ed era di colica renale resistente a terapia. La sera stessa è morto per un aneurisma all'aorta". "Non conobbi subito la ragione del decesso e non feci subito querela giacchè volevo attendere l'esame autoptico, previsto in questi casi, dall'ospedale. Fu la stessa clinica a ritenere necessario una verifica su quella morte. Ottenuto il referto, compresa la causa del decesso, mi convinsi nel proporre denuncia/querela contro ignoti, indicando (nessuno escluso) gli infermieri, medici ospedalieri e non, direttamente collegabili con la vicenda - sottolinea l'avvocato Storti - Il pubblico ministero incaricato, Maria Bice Barborini, di cui avevo ed ho ancora ampia stima e fiducia, occupò tempo e risorse dello Stato concludendo le proprie indagini con la richiesta di rinvio a giudizio di due medici che gestirono il secondo ricovero, ritenendo viceversa non biasimabile l'operato degli altri medici (di base e ospedalieri) coinvolti. Il giudice dell'udienza preliminare Orlando Villoni accolse la richiesta e rinviò a giudizio gli imputati". La scorsa settimana è però arrivata l'assoluzione, perché il fatto non sussiste, dei due medici sotto accusa. Le motivazioni della sentenza si avranno dopo l'estate. "Occorrerà leggerle attentamente per capire il ragionamento logico-giuridico che il giudice del dibattimento ha posto alla base della propria decisione che (in concreto) non solo è diametralmente opposta a quella dei due magistrati che l'hanno preceduta, ma si discosta dalle conclusioni rassegnate dal proprio perito, il quale, tra l'altro, ha spiegato che c'erano i tempi tecnici per portare mio padre in sala operatoria per un eventuale intervento (ragione per la quale l'evento-morte, quantomeno, avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva)". Dopo i resoconti giornalistici della sentenza il dolore è stato molto. "Si attendeva il giudizio penale con composto silenzio. Non volevamo iniziare il giudizio civile di risarcimento del danno per monetizzare il dolore che ancora pervade tutti noi. Perché questo non era (e non è) il nostro intento". Poi, però, è arrivata l'assoluzione. "Lo stupore non deriva dal fatto dell'assoluzione in sè per sè. La famiglia Storti non voleva un capro espiatorio all'epoca e non lo vuole oggi, anche perché una condanna non restituirà mai mio padre. Lo stupore deriva dal fatto che sembrava essere emersa la verità. Volevamo capire cosa era veramente successo e pensavamo di averlo compreso. Capire se veramente l'errore c'è stato oppure no. Capire se può essere consentito di sbagliare quando l'evento-morte deve comunque capitare. Capire se tutto ciò è ammissibile in un ospedale (il Policlinico di Roma, tra i più grandi e attrezzati d'Italia) che dovrebbe adoperarsi per evitare questo evento". |