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Il 2.4.2014 è stato pubblicato sulla G.U. n. 77/2014 il “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense” DM 55/2014 del 10.3.2014 [scarica il file]. |
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Le diffide del legale devono avere sempre la procura scritta del cliente. |
Scritto da Administrator | |
giovedì 14 ottobre 2010 | |
Con sentenza del 27.4/15.6.2010 n. 14292 le SS.UU. della Corte di Cassazione, rilanciando un vecchio orientamento del '78, hanno stabilito che per diffidare il debitore ad adempiere l'avvocato deve sempre essere munito di procura scritta del creditore, e che questa sia allegata o comunque portata a conoscenza del debitore con mezzi idonei. "Ritiene il collegio che debba essere seguito l'orientamento tracciato da Cass. 1447/78. Le norme che vengono in considerazione sono gli articoli 1454, 1324 e 1392 c.c., che rispettivamente dispongono: - <<Alla parte inadempiente l'altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà senz'altro risoluto ... Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto>>; - <<Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale>>; - <<La procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere>>. Risolto, così, il contrasto giurisprudenziale tra la citata sentenza del '78, e le più recenti pronunce (la sentenza n. 5641/87 che riteneva valida qualunque forma e la sentenza n. 9085/90 che prevedeva la procura scritta solo talvolta). Chissà se tale rigoroso orientamento verrà tenuto in considerazione anche per quanto concerne la semplice messa in mora ex art. 1219 c.c. spesso e sovente semplicemente delegata all'avvocato senza sottoscrizione (a tutti gli effetti di legge) della diffida.
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"L'azione a tutela del diritto costituisce momento essenziale di un ordinamento perché solo per essa si può parlare di giuridicità dell'ordinamento. Se un diritto non è tutelabile, non è un diritto." (Corte di Cassazione, sez. Unite Civili 16 febbraio 2016, n. 2951)
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